Foglio d’informazione della Collaborazione Pastorale di Mogliano Veneto
Il Vangelo della domenica
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di
Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli
la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli
toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè:
«Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava
correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo
proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare
i muti!».
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Il commento
Capita anche a noi, e tante volte nella nostra vita, che ce ne
stiamo chiusi in noi stessi, sigillando ben bene gli spazi
attraverso i quali la vita può insinuarsi, tappando ogni pertugio
per evitare che qualcosa di esterno entri in noi e ci ferisca.
Capita anche a noi di essere sordomuti. Tanto sordi e tanto muti
da non riuscire a dire il dolore che ci attanaglia e da non voler
sentire quello dell’altro. Un grido strozzato. Bello allora oggi
leggere questo brano di Vangelo che ci riporta davanti a Gesù,
da soli, in disparte, io e Lui a guardarci negli occhi, un solo
sguardo: il mio di impotenza, il Suo di amore sulla mia
impotenza.
A chi presuppone che Dio sia un Dio immateriale, etereo e
intangibile Gesù dimostra che invece Lui ama sporcarsi le mani,
lavandoci i piedi, toccando piaghe o infilandoci un dito nelle
orecchie: Lui ama toccarci. Gesù tocca, sputa, spalma fango,
alita, prende per mano perché a Lui piace così, sentire e farsi
sentire concretamente: Lui ama toccarci. E la nostra pelle, al suo
tocco, freme; il nostro cuore, al suo tocco, brucia, perché anche a
noi viene sussurrato «Effatà», come un sospiro, come una
preghiera. Apriti all’ascolto, apriti al dialogo, alla relazione, alla
vita. Non pensare di essere solo, è questo ciò che ti fa tremare e
ti spegne: apriti come si apre la finestra al mattino, lasciati
raggiungere dall’aria pulita della notte, dal fresco della rugiada
sull’erba. Sgancia le cerniere, fa’ saltare i lucchetti, rompi le
catene che ti costringono e ti rendono muto e sordo.
Ascolta: la vita parla e canta e che anche nella tua casa si faccia
festa. Lo abbiamo sentito nella prima lettura: «Egli viene a
salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno
gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque
nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata
diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua».
Oggi Gesù compie gesti che ricordano quelli della creazione,
forse perché ogni volta che acconsentiamo ad aprire la zolla del
nostro cuore è sempre un nuovo inizio, qualcosa di
inimmaginabile si avvera, la vita prende nuova forma. Ed è
festa, è inizio di bellezza, è gioia di nodi che si sciolgono, di
orizzonti che si schiudono: è Lui che ci tocca.
La preghiera
Aprici, Signore Gesù!
Liberaci dalla sordità interiore
che ci rende muti
davanti al mondo.
Rendici capaci
di ascoltare e ascoltarti
in profondità,
per essere liberi e liberati
al punto tale da poter amare.
Aprici alla relazione con te
e con il mondo,
perché la nostra lingua
e il nostro cuore
possano diffondere nel mondo
semi di bontà.
Amen.
L'approfondimento della settimana
Aprirsi all’amore
Domenica 8 settembre 2024
Il Vangelo di questa domenica riferisce l’episodio della
guarigione miracolosa di un sordomuto da parte di Gesù. Egli
agisce sempre con discrezione. Non è alla ricerca della
popolarità o del successo, ma desidera soltanto fare del bene
alle persone. Con questo atteggiamento, Gesù ci insegna che il
bene va compiuto senza clamori, senza ostentazione, senza “far
suonare la tromba”. Va compiuto in silenzio.
Questo racconto sottolinea l’esigenza di una duplice
guarigione. Innanzitutto la guarigione dalla malattia e dalla
sofferenza fisica, per restituire la salute del corpo; anche se
questa finalità non è completamente raggiungibile
nell’orizzonte terreno, nonostante tanti sforzi della scienza e
della medicina. Ma c’è una seconda guarigione, forse più
difficile, ed è la guarigione dalla paura. La guarigione dalla
paura che ci spinge ad emarginare l’ammalato, ad emarginare il
sofferente, il disabile. E ci sono molti modi di emarginare,
anche con una pseudo pietà o con la rimozione del problema;
si resta sordi e muti di fronte ai dolori delle persone segnate da
malattie, angosce e difficoltà. Troppe volte l’ammalato e il
sofferente diventano un problema, mentre dovrebbero essere
occasione per manifestare la sollecitudine e la solidarietà di
una società nei confronti dei più deboli.
Gesù ci ha svelato il segreto di un miracolo che possiamo
ripetere anche noi, diventando protagonisti dell’«Effatà», di
quella parola “Apriti” con la quale Egli ha ridato la parola e
l’udito al sordomuto. Si tratta di aprirci alle necessità dei nostri
fratelli sofferenti e bisognosi di aiuto, rifuggendo l’egoismo e la
chiusura del cuore. È proprio il cuore, cioè il nucleo profondo
della persona, che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per
renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con
gli altri. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente
sordo e muto dal peccato, possa ascoltare la voce di Dio, la
voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare
a sua volta il linguaggio dell’amore, traducendolo in gesti di
generosità e di donazione di sé.
Maria, Colei che si è totalmente «aperta» all’amore del
Signore, ci ottenga di sperimentare ogni giorno, nella fede, il
miracolo dell’«Effatà», per vivere in comunione con Dio e con i
fratelli.